Il primo gennaio Jacky Ickx compie 80 anni ed è felice di poterli festeggiare ancora in grande forma dopo aver attraversato le piste di tutto il mondo in anno in cui uscire vivo da una gara non era per nulla scontato. In una bella intervista a Giorgio Terruzzi recentemente ha ringraziato il suo angelo custode che con lui non si è mai distratto… Ha ragione…
E’ passato anche attraverso tre matrimoni, cinque figli (Vanina ha fatto la pilota come lui) , due nipoti. L’ultima moglie arriva dal Burundi, si chiama Khadja Nin, è una ex cantante che non passa inosservata… (vedi foto sotto con il presidente Elkann)

In Formula 1 ha sfiorato due volte il titolo ( secondo nel ‘69 con una Brabham perdente e nel ’70 con la
Ferrari nel maledetto anno di Rindt. Ha ottenuto 8 vittorie e 13 pole. Ma poi ha corso dovunque prima e dopo: campione europeo di F2 nel 1967, due titoli iridati Sport-Prototipi nell’82 e ‘83, vittoria nel campionato CanAm nel ’79, vittoria nella Parigi Dakar nell’83, addirittura 6 successi nella 24 Ore di Le Mans, mai guidando una Ferrari però. Il primo, proorio nel 1969, lo ottenne con la bellissima Ford
GT40, partendo ultimo dopo la sua clamorosa protesta al via, quando raggiunse la vettura cammimando e non correndo come tutti gli altri per contestare quel sistema di partenza, con i piloti che correvano
da una parte della pista e si infilavano al volante senza allacciare le cinture. Lo riteneva troppo pericoloso e guarda caso dopo la sua clamorosa protesta qul bizzarro (ma scenografico) modo di partire fu cancellato.
La sicurezza tornò a far parlare di lui quando era direttore di corsa a Monaco nel 1984, l’anno del diluvio, del Senna arrembante alle spalle di Prost, della gara interrotta. Si prese insulti da mezzo mondo perchè aveva favorito Prost che guidava una Mclaren motorizzata Porsche e lui era uomo di Stoccarda. Fu una decisione eccessiva, ma guidata solo dalla sua voglia di sicurezza.
Enzo Ferrari, lo raccontava così: “Jacky Ickx: un connubio di ardimento e calcolo. Nel primo anno in cui corse con le mie macchine maturò un’esperienza che prometteva grandi frutti. Poi, dopo una stagione d’intervallo con la Brabham, per quattro anni abbiamo inseguito un titolo, mentre ci venivano attribuite polemiche spesso inconsistenti al di là del funambolismo giornalistico”.
“Qualche suo atteggiamento, che gli valse fra i miei collaboratori l’appellativo di «Pierino il terribile», non ha cancellato in me il ricordo di un ragazzo cresciuto in fretta e l’impressione di quella sua guida fine e temeraria sotto la pioggia”.
Giorgio Terruzzi lo ha intervistato qualche giorno da sul Corriere. Ecco qui:



